martedì 29 settembre 2009

5 cose

Vi avevo promesso dei post sul nippomondo mentre la mia vita ricomincia a scorrere complicata in terra italica.

Inizierei da qui.
Tutte le cose interessanti(ma anche no) che credevate di sapere sul Giappone e i suoi abitanti e che non sono vere.

1- I nipponici sono bassi.
Non è vero, sono alti quanto noi vatussi italici e anche un poco di più grazie al consumo di cibi spazzatura importati in gran quantità.


2- In Giappone c'è un sacco di roba da comprare.
Cazzate!
Oltre alla tecnologia(che non mi interessa e che comunque richiede tutta una serie di accorgimenti nell'acquisto) e i cazzilli da nerd(che mi interessano ancora meno) non c'è nulla da comprare.
I vestiti sono bruttissimi, le scarpe bellissime perchè occidentali quindi sono le stesse che trovi qui con circa il 30% di costo in più, le cose tradizionali sono robaccia per turisti spesso un poco kitch.
Si salvano solo le scemenze da Yen shop, un corrispondente ipertrofico dei nostri negozi tutto a un euro, nel quale puoi trovare davvero ogni cosa a prezzi irrisori.


3- Le giapponesi sono ben vestite.
Falso come i capelli del Vostro presidente del Consiglio.
Le signorine sono molto femminili, questo è certo ma indossano scarpe SEMPRE di una taglia più grande spesso agganciate al piede da una cosa che somiglia a un polsino di quelli da tennis che si fa passare sotto la suola e tiene la scarpa incollata al piede.
Le gonne sono sempre tutte svolazzanti con un elastico in vita alto e nero indossate con camice strutturatissime con impicci vari sul davanti che simulano, con la complicità della biancheria intima più brutta del mondo, un seno che è inesistente.
Praticamente se vedete una nipponica con vita sottile, fianchi tondi e seno rotondo sappiate che solo il punto vita e roba sua. Il resto è protesi di stoffa.

4- La cucina giapponese è leggera.
Il mio stomaco intrecciato e la bilancia rispondono ufficialmente che non è vero.
C'è una quantità di fritti impensabile, e frutta e verdura sono un'assoluta rarità, venduta a prezzi fuori controllo.
Il sushi è meno diffuso di quanto si pensi e il sashimi è quasi inesistente, nel senso che io personalmente non ho visto nessun ristorante di sashimi a Tokyo.


5- I giapponesi sono precisi e puntuali.
Non c'è cavolata più grossa, a dire il vero.
Sono SEMPRE in ritardo e trafelatissimi.
Si inchinano in mille scuse che ti vien quasi voglia di perdonar tutti all'inizio ma la voglia ti passa subito e dopo un mese vorresti ucciderli.
E non è vero che ai semafori le persone non si scontrano mai.
Certi pomeriggi Shibuya è da lussazione della spalla.


A presto con i resoconti nippici.

giovedì 24 settembre 2009

jet lag

Con i piedi in suolo italiano e la testa ancora in volo.
Sono tornata a casa con un minuscolo bagaglio, che ha fatto sospettare all'addetta del check in che io fossi un corriere della droga, e tre paia di mutande nuove.
Questi mesi sono stati faticosi, li ho vissuti emotivamente poco e no ho avuto abbastanza spazio mentale per costruire cose nuove.
Ho tanti post in cartuccera, li snocciolerò piano piano nei prossimi giorni, così da darvi un piccolo quadro finale.

La vita qui ricomincia.
Ieri ho visto casa nuova, oggi avrò un colloquio di lavoro.

Insomma alla faccia del jet lag, che mi fa crollare dopo ogni pasto come i bambini e risvegliare in piena notte, io sono già perfettamente in moto.

martedì 15 settembre 2009

silenzio

Le ultime ore nella stanza di Tokyo.
Ora che mi ero affezionata all'odore del tatami devo smontare tutto e andare via.
Dormo circondata dalle valigie per la terza volta in un anno. Cambio posto per la terza volta, ormai abituata a questa vita da zingara.
Domani alle 16 porterò le mie cose fuori di qui, saluterò una stanza pulita e vuota che indosserà ancora per qualche giorno il mio odore, lascerò i miei bagagli da qualche parte e partirò per Kyoto, da sola, anche se non era previsto.
Ho solo un biglietto del bus notturno che parte da Shinjuku verso il Kansai.
Non ho prenotato altro, non ho letto la guida e, mi scuso anticipatamente con tutti, non intendo incontrare nessuno degli amici che vivono lì.
Parto con poca biancheria pulita e un paio di magliette, un cellulare per foto e emergenze e un blocco per appunti.
Ho voglia di ricominciare a scrivere, ho voglia di vedere il sole sulle pagine sporche di inchiostro, di vedere piccole lacrime rendere trasparente quella carta.
Ho bisogno di silenzio e di bellezza.
Arriverò in Italia tra pochi giorni, sfinita e senza nessuna certezza.
So solo di dover fare l'ennesimo trasloco.

E di voler dare gli stessi abbracci della partenza.

sabato 12 settembre 2009

a ognuno il suo


questo post si sarebbe dovuto intitolare "moglie, divorzio. E te lo dico qui", come da promessa sul blog della Micolina nazionale.
Ma visto che io non sono fortunella come lei, e a me in coppia non arrivano gli strafigoni scopabili questo post parlerà delle due tizie più cretine della scuola, che chiaramente sono diventate mie amiche in tempo record.

Prima di partire per Tokyo mi aspettavo veramente tutto, tranne che di trovare delle amiche, di quelle con le quali prendere il caffè con sguardo assonnato raccontandosi cazzate, di quelle con le quali fare i musi quando li nascondi agli altri, di quelle alle quali fare i grattini( a una per lo meno perchè l'altra è la regina dei ghiacci e merita solo pizzicotti).
Ma dopo pochissimi giorni qui, una sera, sono apparse davanti a me la bionda Emi, la piccoletta di casa, bella come il sole e scema come poche, e la microscopica Cèline che ha un carattere che pesa più del suo corpo.

Queste due qui mi mancheranno, quando sarò in Italia. Mancheranno veramente tanto.
Anche se, ecco, se fossero stati due bei maschietti, io non avrei disdegnato.

domenica 6 settembre 2009

attimi


Quando una mattina ti svegli, ti lavi, ti vesti e vai al conbini(piccolo supermercato aperto 24ore) e dopo aver guardato tutti gli scaffali prendi un onigiri e un the al mango ti iniziano a venire dei dubbi.
E se poi, la sera, dopo una giornata faticosa, ti addormenti sull'autobus e ti svegli alla fermata esatta, il dubbio diventa certezza.
Sei affetta da giapponite.
Terribile malattia, che ti fa mangiare riso e pesce al posto del cornetto, ti fa guardare orribili vestiti facendoteli apparire graziosi, e ti fa dire sugoi e daijobu con una frequenza simile a quella di "cioè" per le ragazzine fighette di 14 anni.

E oggi correvo in bici, per le strade buie, senza una meta e con l'unico scopo di perdere la strada e perdere me.
Pedalavo attratta dal palazzo più alto, a cinque km da me come ho potuto scoprire dopo, attratta dalle luci rosse che ne indicano la presenza ai comandanti degli aerei che sorvolano la città, attratta dall'ignoto che spero sempre di trovare in questa città.
E oggi scendere dalla bici per comprare dei libri che cercavo da tempo, e andare alla cassa per pagarli, leggendo come sempre lo stupore negli occhi dei commessi, è stato impagabile.
E tornare a casa, volando per una discesa, cantando una canzone dei Roxette dei furenti anni 90 ha reso la mia passeggiata un momento da incorniciare e appendere al muro della mia memoria.

mercoledì 2 settembre 2009

acido lattico



Erano passati tre anni dall'ultima volta nella quale mi ero sbucciata le ginocchia, e salire nuovamente in bici è stata una prova di coraggio, una dimostrazione che tanto era cambiato in me da allora.
E da circa un mese a questa parte ogni singolo giorno passo sulla bici almeno un'ora del mio tempo, ci vado a scuola, a fare la spesa, a scoprire posti nuovi di una città troppo grande per smettere così presto di essere sconosciuta.
E l'acido lattico è svanito, i muscoli non subiscono più la salita della mattina verso scuola, nè le continue frenate per non uccidere i molti passanti che affollano il marciapiedi quando torno a casa nell'ora di punta.
E oggi mentre volavo in discesa, alle sette del mattino di una Tokyo quasi invernale pensavo al muscolo cuore, e a quanto sia meno allenato delle mie gambe.
Per tanto tempo l'ho lasciato a riposo e, nonostante i numerosi tentativi, nessuno è riuscito a farlo ripartire.
E adesso lo sento muoversi, affaticarsi a battere, a pompare più sangue nelle vene, a restituire colorito alle guance e alle labbra.
E quando sento che non ce la fa scendo, e lo guido, come facevo i primi giorni in bici nella salita prima di scuola.
Poggio i piedi a terra e guardo avanti, il cuore c'è nonostante tutto.
Prometto di non dimenticarmene più.


(romanticismo a parte, per lo stacco di coscia della foto prendetevela con la piccola Emi, che evidentemente ci tiene alla mia vita sessuale.)