lunedì 10 ottobre 2016

Ascoltare Teardrop in treno, guardando fuori mentre l'uomo davanti a te osserva I tuoi occhi muoversi, riflessi sul vetro, in cerca del panorama migliore.
Scendere in stazione che il sole sta scendendo, percorrere I pochi metri che ti separano da casa scuotendo la testa piano, come farebbe Bjork in Hidden Place, sentire il rumore dei tuoi tacchi lontano.
Voltarti giusto nel punto in cui la ringhiera è rotta, respirare piano guardando I binari e pensare che non esiste casa in un posto più giusto per te, cuccia e libertà in 300 passi, il fischio del treno come sottofondo delle notti al caldo, le mutande pulite sempre nella valigia piccola sotto il letto, che non si sa mai.
È ottobre, sistemo le provviste di buon umore per l'inverno.

martedì 6 settembre 2016

More

Rubare le more, dalla pianta, aggirando le spine. Staccare un frutto alla volta, con forza e prudenza per non distruggerlo.
Sentirle sciogliere in bocca, scoppiare in molti, minuscoli, semi.
Un gesto di oggi che ha radici così lontane, in un paesino siciliano, dove la montagna, come la chiamano, si fa sentire forte e chiara.
Oggi è stato tornare indietro di 20 anni, smettere di essere sola e avere accanto un'altra Bea, reale e non, ritrovandomi a essere per una volta la Bea grande che mai sono stata, insegnando a una pellegrina come me a staccare quelle gemme senza sporcarsi le dita di zucchero viola, senza spremerle di tutto il succo, senza macchiarsi la maglia bianca come la mia, che poi non si toglie più, dicevano.
E oggi, in una campagna spagnola di non so bene dove, ho pensato che I ricordi sono quella cosa che non si toglie più, pure se te li scordi.
Ché di quella Bea lí, se me l'avessero chiesto, avrei ricordato di tutto ma non che mi aveva insegnato a raccogliere le more.

domenica 7 agosto 2016

A letto, nuda, con la luce arancio dei lampioni a sottolineare I contorni di questo corpo straordinariamente imperfetto, con una voce tanto familiare quanto estranea che spoglia dentro, oltre.
Non mi sono mai spogliata per un uomo, la bretella del reggiseno che scivola, lo sguardo ammiccante, l'esposizione dei glutei sfilando le mutandine, eppure non riesco a tenere addosso gli indumenti dell'anima, leggeri veli bianchi, sottili, che scivolano tra le dita.

Come se, lievi, mi sfiorassero la pelle, cadendo sul pavimento immaginario della mia vita.
Mi scopro scoperta e timida, umida di sensazioni quasi tattili, pronta a mostrarmi senza apparire ridicola.

Esiste qualcosa, dentro me, di profondamente giusto e malato, tenero e sprezzante.
Esiste un fluido dolce che mi scorre nell'anima, nella pancia, tra le gambe, mi bagna le cosce, gli occhi, le caviglie.

Da una vita mi lascio masturbare la mente, penetrare con gli occhi, leccare con la punta delle dita.

Rotolo nei desideri, stanotte.
Mi lascio avvolgere dal mio respiro prima di dormire.
Sono cosí incredibilmente giusta, certe volte, cosí perdutamente amabile, fastidiosamente odiosa, schifosamente scopabile.

Un mondo intero



sabato 9 luglio 2016

Rampicanti


ferma a guardare il soffitto. la schiena sudata sulle lenzuola rosse, il silenzio dentro e la musica intorno, un solo altro respiro oltre il mio. Più lento, regolare e profondo.

sentire crescere, intorno, rigogliosi rampicanti di mille sfumature di verde, che si abbarbicano su pareti reticolate, le riempiono, le decorano e insieme escludono la vista, coprono, nascondono scorci di pelle e sguardi.

I muri si trasformano da bianchi e lisci a dipinti, colorati e sgargianti e ancora distrutti, con cocci sparsi a terra, come fossimo nella Berlino dell'89, senza riuscire a passare, sporgendo mani, braccia e labbra, curiosando attraverso i buchi, e oggi spostando le foglie facendomi strada con le dita e creando spazio in questa parete rampicante che mi separa da me, da quel che vorrei essere e che vorrei avere.



Che di trappole emotive ne ho sfuggite tante.
Che di pareti ne ho issate altrettante.
Alla continua ricerca di una libertà possente, straniante, capace di lenire, sedare, commuovere.
La spinta vitale mi possiede.



martedì 28 giugno 2016

Braccia

Gambe allenate a sostenere pesi imponenti.
Rialzarsi da terra e oltre. La terra sotto le unghie.
Risalire è facile, ormai, la cosa che so fare meglio. È come andare in bicicletta, una volta imparato è per sempre.
È lanciarsi il problema, per quello le gambe non servono, serve che ci sia qualcuno pronto a prenderti o, in caso contrario, è necessario avere braccia potenti, solide, strutturate.
Bisogna essere certi di sapersi agganciare ovunque, di poter tenere in mano un lembo di terra tagliente.
E io ho le braccia forti pert tirare su gli altri. Non me.

mercoledì 22 giugno 2016

collage

Denti lievemente asimmetrici, di un sorriso bianco candido
Occhi tristi nel contenuto e nella forma, persi.
Ricci scuri, scomposti, che toccano una fronte di pelle liscia, mora.
Spalle ampie, una nuca scoperta, i muscoli di chi fa.

Attimi di amore.
La cosa più strana del mondo è scoprirmi sempre innamorata.i parti e quasi mai del tutto.
Amare momenti, odori, volti.
Amare caviglie, capelli.

Pezzi di un collage sentimentale che se appartenessero a un solo essere sarebbero un’esplosione di inverosimile.

Ho tanto ragionato sulla possibilità di poter amare più persone e, nei fatti, lo faccio in questa spinta emotiva nei confronti di quelle poche persone che colpiscono il mio immaginario e entrano sotto le costole.
Ma la verità è che riesco a farmi amare da una persona soltanto alla volta.
Quando qualcuno mi ama, davvero, mi chiudo dentro quell’amore, e divento repellente ad altre forme, ad altri sentimenti, alla dolcezza di altra pelle.
Sono un monoaffettiva in ricezione e una poliamorica nell’esternazione.

che oggetto strano questo mio cuore.

lunedì 20 giugno 2016

cmd +v

un caffè, quasi freddo, dolce come il caramello. Un tavolo bianco. Caviglie leccate. Cielo azzurro chiaro. Solo il fischio del treno, simbolo di un viaggio infinito.
Quando ho aperto questo blog, anni fa, forse 10, ero giovane, sognatrice, sconosciuta. Ero alla scoperta della vita, in ogni singola sfaccettatura.
Ora che riapro questo blog, dopo forse 10 anni,sono meno giovane, più sognatrice e meno invisibile di un tempo. E divoro la vita, in ogni singola sfaccettatura.
Che la comunicazione è parte sofferta della mia esistenza, un bisogno compulsivo, l'unica fame reale che sento, che mi contorce lo stomaco e mi strappa brandelli minuscoli di cuore. Ogni giorno.
Mi sono fermata per anni, con la scrittura. Ho esplorato i suoni, le immagini, ho comunicato con i respiri, con le mani, con le unghie. E sono tornata qui, perché senza parole la vita non esiste, perché il linguaggio è linfa vitale.

Da alcuni mesi ho riattivato chiavi comunicative molto potenti, con gente che è arrivata a sorpresa e con gente che andava ripresa.
Ho ricordato chi sono, un'osservatrice di ombelichi che vuole entrare e capire le altrui anime.
Sono una voyeur delle emozioni. Mi eccita vedere quello che è invisibile ad altri, dare dolcetti agli altrui mostri, che come i miei sono orribili e docili insieme.
Mi innamoro di quei mostri ogni giorno, appena li scorgo in un lampo negli occhi altrui.
Se non capissi così in profondo l'intimità altrui, forse, sarei anche capace di scrivere degli uomini e delle donne che mi circondano, delle loro vite smodate, forzate a volte abusate e così straordinariamente profonde, così potenti e stordenti. Che si sa che io scrivo solo di quello che so, e certe volte, con qualcuno, so semplicemente troppo, in troppo poco tempo.
E anche quello e abuso, entrare dentro l'anima di qualcuno che l'anima non te l'ha aperta, gironzolare nelle stanze del cuore altrui cercando di non spostare nessun oggetto, cercando di lasciare tutto al proprio posto, di essere invisibile e inconsistente, provare a uscirne senza portare via niente, perché lo so che chi entra, nei fatti, qualcosa lo porta via sempre.
E sfortunatamente nella vita un cmd+ c cmd+ v non esiste, che se sposti qualcosa mai più sarà allo stesso posto.
E imparare a non essere uragano, imparare a danzare in punta di piedi nella vita altrui è ciò che più profondamente anelo.

Mi dicono che i blog sono morti. E forse è vero.
Ma io no.
E qui dentro c'è la parte più vera di me.