sabato 21 dicembre 2013

down the way

Palazzi antichi, portoni pesanti con volte in rilievo, passi imprecisi sul suolo rattoppato.
Dietro un angolo, di questo centro del lusso delle cose piccole, il sole. Negli occhi, in faccia, tepore su mani gelide. Sfilo la grossa sciarpa rossa, la lego alla borsa con una lentezza che non mi appartiene, allento il collo del cappotto, mi volto, tiro su i capelli. E mi lascio baciare, proprio lì dove amo sentire le labbra e la lingua a fior di pelle. Lascio che la carezza tiepida di questo sole romano di fine dicembre mi sfiori ancora un attimo. Lo amo e mi lascio pazientemente amare. La musica giusta viene a tenerci compagnia in questo momento intimo. Io, lei, Roma.

mercoledì 9 ottobre 2013

A luce accesa



Amarcord e trovare CD antichi mentre qualcuno al piano di sopra ascolta musica nuova.
Fermarsi un attimo a guardarli, fotografarli di fretta, spedirli grazie a quel malefico mezzo che è whatsapp e continuare respirare come se niente fosse.
Amarcord è rimanere a casa una mercoledì sera, a discapito di tutti i programmi per la notte,  prendere un libro e metter su uno di quei CD di un inconfondibile "noi" preistorico.
Ascoltare una, due, tre canzoni, e smettere di capire le parole  scritte. Ché la vita ti passa davanti, veloce come un film sfocato. Ché sono passati 5 o forse 6 anni, dal giorno in cui ho aperto questo blog, dal giorno in cui ho deciso che ciò che avevo, bello per come fosse, perfetto per quello che era, non era ciò che avrei voluto avere per un "per sempre" che sembrava scontato.
Resta che mai più ho avuto quello che avevo, quella sensazione di stare sempre seduta  su un divano pieno di cuscini colorati, con le gambe piegate accanto al corpo, e la testa poggiata sul pugno chiuso.Che poi dopo un poco la mano si addormenta, però, e tieni duro fin quando proprio devi cambiare posizione. Per forza. Che io ferma, lo sappiamo, proprio non ci so stare.
E ora, con il libro chiuso, quando manca poco a un giorno nuovo e, probabilmente, a una nuova notte insonne, vedo un cappuccino enorme in un non meglio identificato aeroporto londinese, uno sguardo basso davanti a una finestra di una villetta poco dentro il GRA, ore in macchina fatte di voci stonate che miglioravano mese dopo mese e duetti improbabili, piogge nei fumetti e cacciavite enormi, musiche come sottofondo di vite di ieri, cene in una cucina sul balcone, baci brillanti e statue di gesso.
Ho gli occhi verdi e stacco le pellicine del labbro inferiore con i denti, e tu sai che significa.

Cambio canzone, e riapro il libro.

Il fantasma del passato è andato via.

                                                                                                                                                          

giovedì 19 settembre 2013

capodanni personali

http://www.youtube.com/watch?v=A3adFWKE9JE


Settembre è l'inizio, il nuovo inizio da sempre, dal cestino di scuola con il tegolino, alla smemoranda, al vestito nuovo per il primo giorno di scuola, al mascara messo di nascosto per essere grande.
Settembre è il capodanno di nuova vita, progetti che sembrano sogni, odori che restano sulle mani, pelle sottile sotto le unghie, suoni che sbattono sulla luna fuori dalla finestra con le sbarre della mia vita e tornano indietro ad accarezzarmi nel sonno.
Settembre, questo settembre, è l'alba, per me.
Ne sento il sapore arancio sulla punta della lingua, le sfumature porpora che si perdono nell'esofago e il giallo forte nello stomaco.
Sono sazia e affamata. Vorace e insieme cedevole alla lentezza.

Questo capodanno è per me un momento per pensare, con la musica a basso volume e la pancia a 20 centimetri dal mio pavimento di legno arancio.
Pensare alla ricchezza, di doni ricevuti e meriti guadagnati con il sudore della pelle, del cuore e del cervello.
E penso a chi è passato dal mio cuore, e dal mio letto, negli ultimi 365 giorni, dopo che cuore e letto erano stati svuotati, distrutti e abusati.
A chi ha lasciato qualcosa, oltre un odore già scordato.

Chi mi ha regalato la capacità di godere del piacere deciso di un tocco lieve e puro.
Chi mi ha accompagnata nel sonno, ogni giorno per mesi.
Chi ha trovato una conca nella mia schiena e ha deciso di dormirci dentro.
Chi ha scelto che farmi sorridere potesse essere una missione importante.
Chi ha subìto il sole accecante in pieno inverno fuori casa mia.
Chi ha portato crostatine di frutta.
Chi mi ha ceduto Jeff Buckley e la musica più giusta di sempre per lunghi, lunghissimi baci.
Chi mi ha accarezzato l'ego, senza accorgersene, mentre cercava solo di toccarmi il culo.
Chi ha riassunto chi sono. E ne ha fatto un racconto lungo e intricato.
Chi mi ha donato una lacrima, così che io potessi leccarla via.
Chi mi aspetta e si lascia aspettare.

pensando al primo uomo della mia vita, che mi ha lasciato il trucchetto per tenere la cannuccia ferma nella lattina di cocacola.

grazie dei doni.
in questo nuovo anno ricambierò

sabato 6 luglio 2013

un attimo prima

un attimo prima ero al caldo, a parlare di vita e amore con una cara vecchia amica.
un attimo dopo, come ho già raccontato, il buio. E poi la voce acuta e lontana, ovattata e irriconoscibile.
Un attimo soltanto, che invece è stato più di un minuto, una testata e poi un'altra e poi in acqua senza coscienza, tirata su da uno scricciolo di donna potente, alla quale, fatalismi a parte, devo molto, praticamente tutto.

Cos'è? il Karma?
Forse quel regalo fattomi dal destino è il motivo per cui ogni giorno, dal giorno dopo la mia non morte, sto dovendo dimostrare a me stessa che merito di essere qui.
E pensare che tutto sarebbe potuto finire lì. E pensare che tante tante volte nella mia mente è passato, questo inverno, il dubbio che in fondo non molto in questo sciocco anno sia stato degno di essere vissuto.

Eppure se ci penso un poco, al giorno della mia non morte di un anno fa alle terme di Hakone, mi rendo conto di quanto, nonostante tutto, avrei perduto in questo unico stupido anno, se la mia ronin avesse avuto un corpo comune invece di esser fatta di pietra e acqua piovana.
una testolina mezza rasata, il pavimento di legno rosso, il tocco di due estranei una sera qualunque in un locale qualunque, mani tra i miei capelli, mani tra i suoi capelli da tirare forte, gris gris e sorrisi d'avorio, le canzoni dei doors e l'odore di macchina nuova, una mattina a letto con un pianoforte che suona per me, le lacrime su un palco piccolo e lo schiocco degli schiaffi su uno grande, viaggi, viaggi, viaggi e viaggi intorno a questo piccolo grande mondo.

Sono poche le cose che hanno avuto motivo di esistere quest'anno. abbastanza da avere dato motivo di esistere a me.

Questa la mia faccia. un attimo prima. in quella vasca bollente.


lunedì 17 giugno 2013

365 giorni

365 giorni fa ero qui. sotto il diluvio universale, in cerca di templi nascosti, con la faccia bagnata e l'anima confusa.
Ero a 12000 km da casa con intorno il silenzio e dentro il rumore dell'ora di punta.
Camminavo da 11 giorni senza sosta, con i piedi sofferenti e lo zaino ormai appiccicato addosso. Rientravo da una notte passata a studiare corde a Osaka e, appena messo piede nel mio caldo ostello kyotese, avevo scelto di uscire verso un altrove di cui avevo bisogno.

Dall'altra parte del mondo avevo una camera in disordine, con un letto a soppalco saldamente bloccato al muro, perchè non cigolasse quando ci facevo l'amore, una coinquilina che sembrava perfetta, un ex fidanzato che mi detestava, pochi amici davvero importanti e molti passanti, un fidanzato che ero erroneamente sicura mi amasse, un libro da scrivere, dei capelli da far crescere, una trombamica condivisa che pensavo sincera e una non fidanzata che credevo di riuscire, prima o poi, ad amare.

Volevo tornare a casa a riprendermi la mia vita. Camminarci dentro con la leggerezza che quei giorni a piedi mi avevano regalato, con l'amore che solo dopo essermi ripulita sangue e respiro sarei stata in grado di dare.

Nulla di ciò che avevo era vero, invece. Nulla realmente sincero. E come un turbine, un bacio sulla guancia in aeroporto, una notte sul soppalco da sola, poche lacrime alla cassa di un supermercato, e ancora più veloce: una casa messa a soqquadro, la polvere bianca sul pavimento, i panni in lavanderia, il letto di casa di Mav, i baci in fronte, l'illusione di un nuovo inizio, e il posto di blocco a piazza venezia, la solitudine dell'estate a Roma, l'addio, il trasloco e la sensazione di non avere più pelle addosso nè piedi su cui camminare.


Non scatto una foto di me adesso.
Stesa a pancia in giù sul letto al piano di sopra della mia casa minuscola che sembra una barca, con le mutandine color petrolio e i piedi lucidi di crema che si muovono seguendo la colonna sonora di Anything Else.
Intorno il mio solito disordine, quello dei tempi solitari, una sola luce accesa, puntata in alto, e l'azzurro dello schermo del computer che mi illumina la curva della schiena, le spalle tirate sui gomiti, il volto in penombra a guardare lo schermo le dita, smaltate di rosso che galoppano sulla tastiera.

Lascio il pensiero tornare al posto in cui ho nascosto una fetta della mia anima, se andate la trovate lì, in mezzo ai bamboo tra la terra e il cielo.
E mi tengo una vita come questa, meno bella di quella che avevo un anno fa. Fortemente sincera.


mercoledì 12 giugno 2013

disquisizioni veloci e mattiniere sull'amore matematico

il mondo è fatto di finti buoni e di finti cattivi, almeno per l'80 %. Restano, quindi, più o meno un 10% di buoni veri e un 10% di cattivi veri.
Di solito le coppie sono formate da un finto buono e un finto cattivo, che vivono il loro rapporto come gatto e topo prima, e come topo e gatto poi, quando si dichiarano davvero per quel che sono. E se sanno adeguarsi, alla fine vivono felici e contenti.
Poi esistono le coppie in cui un vero buono incontra un finto buono che lo rovina per sempre.
E quando un finto cattivo convinto di giocare alla pari con un cattivo vero, ne resta schiacciato.
Rimangono, quindi, solo 3 possibilità.
Due veri buoni insieme, se si trovano, visto quanti pochi sono e visto che alcuni di loro vengono rovinati per sempre dai cattivi veri, si annoieranno a morte.
Due cattivi insieme si annulleranno, o diventeranno dolore puro per il resto del mondo.
Un finto cattivo e un vero buono, se supereranno lo spiazzamento iniziale, si ameranno per sempre.

oggi mi si può in effetti dire che sono una cinica calcolatrice (finta) cattiva

domenica 21 aprile 2013

3 carte

non mi sono mai sentita rappresentata dal governo in carica, fin da quando sono stata in grado di capire a cosa servisse averne uno. Faccio parte della generazione che con i vari Amato, D'alema, Berlusconi Fini e compagnia bella ci ha fatto colazione con la zuppa di latte prima di andare a scuola a imparare le tabelline. E ora, mentre io sono adulta e con tutta la vita davanti mi sono rotta di guardare quattro vecchi che questa vita cercano di renderla impossibile.
Ieri la delusione definitiva. 1000 persone contro tutto il paese, 1000 persone che decidono senza ascoltare affatto, perchè le urla in piazza sono di 4 scemi, perchè quello che dice la gente su internet non conta, perchè alla fine sui vari social network c'è solo metà della popolazione italiana, e l'80% della popolazione dai 14 ai 70 anni. Mica una percentuale attendibile, mica rappresentativa della società.
Loro si, che sono rappresentativi, mille stronzi miliardari, ammanicati e pigri, che passano le giornate chiusi nelle loro case, o nelle loro auto blu o in ristorantini deliziosi del centro, nella speranza che il loro gioco delle tre carte funzioni.

E il signor Silvio Berlusconi, leader indiscusso dello schifo che vediamo, signore assoluto di tutto ciò che causerebbe una rivolta popolare ovunque, tranne nel nostro meraviglioso paese tutto pizza e mandolino, il signor Silvio Berluscono, dicevo, se la ride. Lui ha vinto di nuovo, lo metteranno lì, spero, a passare la sua vecchiaia sotto la protezione del titolo di senatore a vita, pagato da noi, senza pagare mai quello che ha fatto a noi.
La foto del suo sorriso plaudente, al nome di Napolitano presidente della repubblica(tutto minuscolo), è un colpo allo stomaco. Il simbolo del fallimento completo della politica italiana.

Ho votato centro sinistra da quando ho diritto al voto.
Ho messo faccia corpo e testa per il Partito Democratico. Ho creduto che, nonostante il mio cuore mancino, mediare potesse essere la soluzione.
E invece sono stata tradita. Insieme al 26% della popolazione.

Nel Gattopardo, Tancredi diceva: bisogna cambiare tutto per non cambiare nulla.
E dalla nascita della repubblica italiana ci siamo lasciati fottere.
Adesso finalmente sono sinceri. Non vogliono cambiare nulla.
E nulla cambierà se non saremo noi a farlo.



lunedì 8 aprile 2013

che lotta solo per difendersi...

" Sally cammina per la strada senza nemmeno guardare per terra. Sally è una donna che non ha più voglia di fare la guerra"

Passi pesanti scagliati sull'asfalto, in una lenta notte di aprile, la prima di un giorno di sole.
15 giorni senza sosta. iniziati andando via da un locale senza cappotto, finiti camminando per quasi cinque km con la musica nelle orecchie e le lacrime sulle guance. Trascorsi a combattere per la casa, con la paura di non riuscirne più ad aprire la porta, ogni singola notte, e poi scoprire, con un sospiro di potere entrare, e quindi dormire tre ore, da sola, prima di domani, e del domani successivo.

Scherzando, oggi, sono stata chiamata la leonessa. Tutto sotto controllo, pronta a ruggire al solo odore di scorrettezza, con la mandibola serrata per non mordere, e gli occhi spalancati per cogliere tutto, vedere tutto, sapere tutto.

Sono combattiva ma ho lo stomaco che è un pugno.
E sono sfinita.
Solo e soltanto sfinita.

Di tornare a casa e vedere la gente che non fa altro che screditare, sfottere, magheggiare, distruggere. E io che passo io miei giorni a costruire sono stanca di vedere i miei mattoni per terra, anche se sono pochi anche se non rendono meno solido il mio lavoro, i miei affetti.
Stanca di vedere che alla fine perdo più tempo a disattivare le bombe con le quali qualcun altro cerca di fare saltare in aria la mia vita che a viverla questa mia benedetta vita.

E oggi mi sento Sally, che quando l'ascoltavo da ragazzina era una donna in là con gli anni, stanca, disillusa e con la bellezza sfiorita di chi è troppo stanco per brillare ancora.

E invece oggi Sally sono io, a quasi 31 anni, stanca, disillusa e con la bellezza sfiorita di chi è stanco, troppo stanco per brillare ancora.

E ripenso alle scelte fatte, tutte, una per una. Da quando sono andata via di casa troppo presto. Così presto da costruirmi un futuro da leonessa, senza pace. Agli amori trascurati, alle battaglie perdute, al tempo lasciato scorrere, senza coraggio.
A ogni mano che mi ha sfiorato la schiena. A ogni volta che non sono riuscita a dire resta, qui, adesso.

Scivolo sotto alle coperte, in una delle ultime notti in cui potrò sentire il loro dolce peso sulla mia pelle nuda.
Domani costruisco un sorriso.

in fondo forse era giusto così.
forse ma forse, ma si.





mercoledì 27 marzo 2013

dei pezzi di un puzzle, dell'altra metà della mela e di altre cazzate



Una vita passata a sentirsi raccontare che l'amore è trovare il pezzo giusto, quello che, cazzo, lo riconosci subito, è fatto come te, odora come te, si muove come te in giro per lo stesso spicchio di mondo.

L'altra metà della mela, un pezzo di torsolo identico a quello che tieni nella pancia, stessa buccia e stesso sapore dolce e aspro insieme. Nessun aroma da scoprire. Nessuna importante variazione.

Ci insegnano di amori fatti di mano nella mano e baci a fior di labbra, di sonni con la testa sul petto di lui e i capelli scompigliati di lei, di denti perfetti di prima mattina e docce insieme alla sera.

E invece poi sei in guerra. Che i pezzi del puzzle li hai provati tutti e ce ne vogliono 4 diversi per incastrarsi bene a te, ma in 4 ti confondono con tutti i loro bisogni da compensare. E allora non va bene. Che di cercare mezze mele ti sei rotta, anche perchè tu non ti senti mezza per un cavolo, ti senti forse troppo più di una.

E ti accorgi che non era vero niente. Che l'amore lo riconosci perchè ti viene mal di stomaco, perchè odi quasi tutto quello che fa ma non riesci a farne a meno, perchè è precisamente tutto quello che non sei tu, perchè sa quello che non sai e non ha mai nemmeno pensato che a qualcuno potesse piacere quello che piace a te. Che a qualcuno potessi piacere te.

"quando io dormo tu dormi, quando io parlo tu parli, quando io rido tu ridi, quando io piango tu ridi ma, allora cos'è, cosa ti serve ancora? a me è bastata un'ora" diceva Daniele Silverstri un eone fa.
Che sono cazzate anche queste, scusa Daniè, lo so che di solito sto dalla tua parte.
Perchè se quando io dormo tu dormi a noi non ci protegge nessuno.
E allora quando ti giri nel letto mi trovi sempre con gli occhi aperti a vegliare sul tuo sonno.
Se quando io parlo tu parli nessuno ascolta nessuno e allora per favore stai zitto che ho delle cose da dirti o dimmi di stare zitta, adesso, subito, che tu hai delle cose da dire a me.
Forse si quando io rido tu ridi ma spesso si ride di riflesso, in un'esplosione di stupita ilarità.
E se piango, per favore facciamolo insieme ascoltando la stessa canzone che fa scoppiare il cuore.
Che le emozioni sono l'unica cosa che va davvero condivisa.

L'altra metà di una parola. La fine di una stessa frase. Un messaggio contemporaneo. La scoperta continua di una comprensione profonda. Fatta di silenzi e di suoni.
Diversi.
Come due mondi.
Come due libri.
Da sfogliare. Una pagina al giorno. Mettendo le note a piè pagina, e tornando a cancellarle un mese dopo, perchè non c'avevi capito niente.

Questo. L'amore.



sabato 23 febbraio 2013

luoghi



piedi doloranti, passi veloci dentro scarpe grosse.
occhi pieni di mille meraviglie, colori sconvolgenti, desideri cocenti.
il desiderio di partire da sola, anche la prossima estate, con un altro zaino, il mio stavolta, e lo stesso sorriso, è fortissimo.
La voglia di andare senza lasciare nessuno a fingere di attendermi.

nel mio primo giorno quasi silenzioso della settimana, penso che se sono così leggera da mesi è solo grazie a quei passi nipponici, grazie a quel verde intenso che mi è rimasto nell'anima.
Sorrido un sacco di questi tempi. Sono aperta. Il tono della mia voce è più basso, il mio corpo più reattivo e il cervello vigile.
Mi lascio vibrare al tocco semplice di mani sconosciute, accetto abbracci e tenerezze mai desiderate prima.
Accolgo e mi accolgo, ogni singolo giorno.
E in questa nuova pelle profumata penso.
Al prossimo viaggio.
Al prossimo cielo.
Ai prossimi passi in luoghi sconosciuti.

mercoledì 30 gennaio 2013

feel

click.
certe volte vorrei che il mio battito di ciglia fosse in grado di immortalare un istante.

a sinistra, sul mobile scuro, un posacenere. dentro, una sigaretta che si consuma, da sola. il fumo sottile si perde in una minuscola spirale chiara..
i colori sono quelli giallo aranciati delle foto passate in seppia. dentro è buio, mentre lascio alle mie spalle la luce accesa.
da terra, uno sgabello scuro tra le gambe del quale si intravedono piedi ben allieneati.
il bacino solido sormontato da un busto largo e snello, coperto di grigio.
le spalle lievemente disallineate, una sublime disarmonia che sa di dipinti d'altri tempi.
la nuca bianca che brilla, quasi, nel buio,lasciando intravedere chiare piccole lentiggini verso la schiena.
i folti ricci disordinati che rompono quel biancore e si perdono nelle ombre riflesse sui vetri della finestra.

l'immagine, se esistesse, non racconterebbe l'odore leggero di fumo e bagnoschiuma, gel per capelli e shampoo alla cannella, il suono contenuto dei passi dei miei piedi nudi sul pavimento freddo, mentre entro, mentre mi avvicino, mentre tocco con un bacio quella nuca chiara.

l'immagine non racconterebbe il suono delle sue dita sul piano. leggere, certe volte perse, ma sempre in volo. non racconterebbe di quelle vibrazioni sonore in tutta la stanza, nel silenzio della notte.

e niente riuscirebbe a descrivere la sensazione di uno spazio solo suo, nel quale non potere lasciare altro che un lieve bacio sulla nuca, accompagnato dalle dita che scivolano dalle orecchie al bordo morbido della maglia.

nella mente. per sempre.
tra le immagini da collezionare.



mercoledì 23 gennaio 2013

imparare

Pochi giorni fa questo blog ha compiuto 5 anni. Di amori altalenanti, di passioni concrete e di cambiamenti irreversibili.
5 anni di passi sull'asfalto rovente e di pioggia in faccia. Cinque anni che se mi hanno portato ad avere il viso sbattuto che ho stamani sono stati fottutamente intensi.

Qualche tempo fa pensavo che, contrariamente a quanto il mondo sembri pensare di me, se avessi dedicato allo studio e ai doveri metà del tempo che ho dedicato all'amore in ogni sua singola folle forma, sarei adesso premio nobel per qualcosa che non so.

Eppure, nonostante l'impegno non sono premio nobel di affetto. Anzi.

Com'è che mi dicevano da piccola? la bambina è intelligente ma non si applica.
In effetti non mi applicavo. Ero solo in grado di volere bene e ne volevo a pacchi, a confezioni famiglia.
Ma, probabilmente, ora, da grande, mi rendo conto di stare perdendo tempo ad applicarmi, nell'amore, senza però essere intelligente.
Lasciando che chi mi sta intorno mi intrappoli sempre in una fitta rete di interdipendenza che mi rende profondamente felice, appagando il mio bisogno di destare interesse, e mi svuota lasciando di quei pacchi d'amore, di quelle confezioni famiglia, solo scatole vuote.

E sono giorni di labbra, desideri, graffi e mani. Di occhi lucidi, teste sulle ginocchia, dita tra i capelli e parole. E pugni, musi e denti stretti.

come sempre.
forse.


domenica 20 gennaio 2013

che, in fondo, io, scrivo sempre d'amore



scrivo con la pelle ancora segnata dallo scorrere di dita nuove, di occhi tristi e sorrisi belli.
vedo soffrire gli altri, per questo dannato amore. come ho sofferto io, forse più di quanto ho sofferto io, che sono, alla fine, quella stronza gelida e razionale della quale tanto si parla e che a me sembra una stramba invenzione di qualcuno che così poco mi ha conosciuta.

Che poi soffrire non serve a un cazzo se non a farci venire voglia di amare ancora, di sognare un amore diverso, di sognare diverse labbra da baciare, un diverso odore sul cuscino, passi più leggeri sullo scricchiolante pavimento delle nostre vite.

E se foste in grado di vedere la mia anima solo scoprendo la pancia, ci trovereste sopra delle bellissime cicatrici, di quelle antiche, che sembrano millepiedi, di pelle ricucita a mano da un infermiere giovane in un ospedale di periferita. Se foste in grado di vedere il mio cuore, solo scostando il seno, ci trovereste dentro un sacco di gente, bella e meno bella, intenta a far cose, a costruire, distruggere, dipingere e pensare.
Se foste in grado di guardare i miei occhi, al mattino, senza trucco, li trovereste più limpidi di prima, meno felici, forse, ma più veri.
Vivi di un entusiasmo che sa di scoperta. Di me. E di quel nuovo al quale staccare a morsi minuscoli brandelli di dolore.
Perchè ognuno nella sua vita è quello che è.
E io adesso sono benessere in pillole.

Se foste davvero in grado di capirmi adesso, vi accorgereste che il sangue che fino a poco tempo fa gocciava dai mille tagli sul petto è ora in forma di minuscole pasticche rosse, traparenti e limpide. capaci di guarire. forse solo di placare.






giovedì 3 gennaio 2013

battaglie, corse, amori, graffi

Un anno fa, di questi tempi scrivevo che si era appena chiuso uno degli anni peggiori della mia vita, forse il peggiore, non ricordo.
Non era così, se pensavo di non potere scendere più in basso allora mi sbagliavo.
Il dolore di quest'anno non è paragonabile a quello mai provato in passato.
Un dolore senza rabbia.
Un dolore che non ho strillato, a che si è posato dentro ed è tornato su dopo ogni scossa. Come le palle di vetro con la neve.
E di scosse quest'anno ne ho avute tante, problemi legali, follie da gestire, un lavoro perduto, debiti ancora da saldare con metà dei miei amici, un amore perduto, un sogno infranto.

Eppure oggi, con le lacrime agli occhi penso che lottare è l'unica cosa che so fare, quindi con un sorriso a mezza bocca, come quello che mi sono scoperta fare, gurdandomi in video, mi concentro e penso a quello che ricorderò tra 5 o 6 anni di questo pessimo 2012.

Ricorderò della soddisfazione di avere distrutto le maldicenze su di me, con eleganza.
Ricorderò di avere scoperto che si può comunicare senza parole, con immagini e mani.
Ricorderò di un sorriso con gli incisivi separati.
Ricorderò di uno show sul un grande palco con il mio Maestro.
Ricorderò di avere scoperto che la gente ha un sacco di roba da dire, se ci si ferma ad ascoltarla.
Ricorderò di lunghe chiacchierate notturne, parlando d'amori sbagliati con un ragazzino splendido.
Ricorderò di carezze sulla schiena e capelli scostati dal viso.
Ricorderò di essermi sentita, qualche volta, bella.
Ricorderò la pelle ruvida del callo del rigger.
Ricorderò amici che accorrono a salvarmi nelle milleuno tragedie di quest'anno.
Ricorderò sonni a cucchiaio.
Ricorderò di camerini specchi e matite per gli occhi.
Ricorderò di avere scoperto che si prova a passare amore attraverso le dita.
Ricorderò della mia timidezza.
Ricorderò delle stupide fughe.
Ricorderò di avere imparato a cucinare la carbonara.
Ricorderò di una casa con il pavimento di legno che scricchiola.
Ricorderò dello smalto rosso.
Ricorderò di chi è ancora in grado di amarmi. Così. Come sono.
Ricorderò del sangue sulle dita.
Ricorderò dei miei denti addosso a te. Dentro te.
Ricorderò macchine fotografiche flash e telecamere.
Ricorderò i miei passi. Tanti da spaccare i piedi. Dall'altra parte del mio mondo.
Ricorderò la mia faccia. Con questi grandi occhi persi.

Ricorderò che dopo è stato tutto meglio.
Che è stata una battaglia senza morti nè feriti.
Una battaglia d'amore, in una vita che corre col tempo, non contro il tempo.