Rubare le more, dalla pianta, aggirando le spine. Staccare un frutto alla volta, con forza e prudenza per non distruggerlo.
Sentirle sciogliere in bocca, scoppiare in molti, minuscoli, semi.
Un gesto di oggi che ha radici così lontane, in un paesino siciliano, dove la montagna, come la chiamano, si fa sentire forte e chiara.
Oggi è stato tornare indietro di 20 anni, smettere di essere sola e avere accanto un'altra Bea, reale e non, ritrovandomi a essere per una volta la Bea grande che mai sono stata, insegnando a una pellegrina come me a staccare quelle gemme senza sporcarsi le dita di zucchero viola, senza spremerle di tutto il succo, senza macchiarsi la maglia bianca come la mia, che poi non si toglie più, dicevano.
E oggi, in una campagna spagnola di non so bene dove, ho pensato che I ricordi sono quella cosa che non si toglie più, pure se te li scordi.
Ché di quella Bea lí, se me l'avessero chiesto, avrei ricordato di tutto ma non che mi aveva insegnato a raccogliere le more.
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