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Ho lasciato i miei bagagli giù, nel treno nascosto nella pancia di questo grosso traghetto che taglia lo stretto. Sono venuta a guardare il mare. In cerca d'aria, come se mi fosse proibito respirare, lì sotto.
Dietro di me un pezzo di Sicilia va via, con la sua madonnina che si staglia all'orizzonte, e davanti ai miei occhi un pezzo di mondo si avvicina, come un primo passo di un viaggio.
E mi chiedo perchè ho tanta fame, fame d'aria, di libertà, di gambe nude in movimento e di occhi liberi di cercare una luce lontana, senza palazzi intorno.
Mi chiedo perchè il rapporto più aperto della mia vita, quello senza limiti, quello dal quale poter prendere tutto, che prometteva ossigeno per corpo e mente, mi ha lasciata affamata di vento.
Perchè quella libertà promessa è stata per me una gabbia soffocante.
E ora guardo il mondo e le sue luci notturne da qui, lascio che gli occhi scrutino il paesaggio come fossero miopi.
Respiro salsedine e lascio che il vento renda i miei capelli una matassa confusa.
Come il mio stomaco.
Come il mio cuore.