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Uscendo da Tokyo, seduta al secondo piano di un autobus diretto a Kyoto, ho visto per la prima volta la città che tutti gli altri sembravano vedere.
Shinjuku era come nelle foto dei miei amici, come nei servizi televisivi, quelli con la colonna sonora dei Pizzicato Five, come tutti disegnavano la magnifica capitale del paese del Sol Levante.
Vedevo ennormi insegne luminose e centinaia di giovani orientali con i capelli biondissimi e cotonati.
Ma non ne sentivo il rumore.
Niente palline del pachinko, niente commesse che attirano i clienti con voce squillante, niente video musicali a tutto volume.
E adesso che non sono più lì penso che sia stato proprio il rumore a sfinirmi nei mesi Tokiesi.
Ho da sempre paura dei rumori. Sono una di quelle che davanti a un incidente non chiude gli occhi ma si tappa le orecchie. Da sempre mi viene da piangere se qualcuno vicino a me grida e ancora adesso dopo anni mi innervosisce profondamente il solo pensiero del russare di qualcuno che ho amato.
E' come se per me il dolore risiedesse nel rumore.
Da quel pullman è iniziato il mio viaggio alla ricerca del silenzio, in una delle città più belle del mondo, nella speranza di scovare in poco tempo quella magia che tanto ho cercanto, per riuscire ad avere ossigeno abbastanza da aver voglia di ritornare alla mia solita ma sempre diversa vita.