mercoledì 9 ottobre 2013
A luce accesa
Amarcord e trovare CD antichi mentre qualcuno al piano di sopra ascolta musica nuova.
Fermarsi un attimo a guardarli, fotografarli di fretta, spedirli grazie a quel malefico mezzo che è whatsapp e continuare respirare come se niente fosse.
Amarcord è rimanere a casa una mercoledì sera, a discapito di tutti i programmi per la notte, prendere un libro e metter su uno di quei CD di un inconfondibile "noi" preistorico.
Ascoltare una, due, tre canzoni, e smettere di capire le parole scritte. Ché la vita ti passa davanti, veloce come un film sfocato. Ché sono passati 5 o forse 6 anni, dal giorno in cui ho aperto questo blog, dal giorno in cui ho deciso che ciò che avevo, bello per come fosse, perfetto per quello che era, non era ciò che avrei voluto avere per un "per sempre" che sembrava scontato.
Resta che mai più ho avuto quello che avevo, quella sensazione di stare sempre seduta su un divano pieno di cuscini colorati, con le gambe piegate accanto al corpo, e la testa poggiata sul pugno chiuso.Che poi dopo un poco la mano si addormenta, però, e tieni duro fin quando proprio devi cambiare posizione. Per forza. Che io ferma, lo sappiamo, proprio non ci so stare.
E ora, con il libro chiuso, quando manca poco a un giorno nuovo e, probabilmente, a una nuova notte insonne, vedo un cappuccino enorme in un non meglio identificato aeroporto londinese, uno sguardo basso davanti a una finestra di una villetta poco dentro il GRA, ore in macchina fatte di voci stonate che miglioravano mese dopo mese e duetti improbabili, piogge nei fumetti e cacciavite enormi, musiche come sottofondo di vite di ieri, cene in una cucina sul balcone, baci brillanti e statue di gesso.
Ho gli occhi verdi e stacco le pellicine del labbro inferiore con i denti, e tu sai che significa.
Cambio canzone, e riapro il libro.
Il fantasma del passato è andato via.
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