domenica 20 gennaio 2013

che, in fondo, io, scrivo sempre d'amore



scrivo con la pelle ancora segnata dallo scorrere di dita nuove, di occhi tristi e sorrisi belli.
vedo soffrire gli altri, per questo dannato amore. come ho sofferto io, forse più di quanto ho sofferto io, che sono, alla fine, quella stronza gelida e razionale della quale tanto si parla e che a me sembra una stramba invenzione di qualcuno che così poco mi ha conosciuta.

Che poi soffrire non serve a un cazzo se non a farci venire voglia di amare ancora, di sognare un amore diverso, di sognare diverse labbra da baciare, un diverso odore sul cuscino, passi più leggeri sullo scricchiolante pavimento delle nostre vite.

E se foste in grado di vedere la mia anima solo scoprendo la pancia, ci trovereste sopra delle bellissime cicatrici, di quelle antiche, che sembrano millepiedi, di pelle ricucita a mano da un infermiere giovane in un ospedale di periferita. Se foste in grado di vedere il mio cuore, solo scostando il seno, ci trovereste dentro un sacco di gente, bella e meno bella, intenta a far cose, a costruire, distruggere, dipingere e pensare.
Se foste in grado di guardare i miei occhi, al mattino, senza trucco, li trovereste più limpidi di prima, meno felici, forse, ma più veri.
Vivi di un entusiasmo che sa di scoperta. Di me. E di quel nuovo al quale staccare a morsi minuscoli brandelli di dolore.
Perchè ognuno nella sua vita è quello che è.
E io adesso sono benessere in pillole.

Se foste davvero in grado di capirmi adesso, vi accorgereste che il sangue che fino a poco tempo fa gocciava dai mille tagli sul petto è ora in forma di minuscole pasticche rosse, traparenti e limpide. capaci di guarire. forse solo di placare.






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