domenica 25 novembre 2012

PASSI. Yokohama.

Yokohama era per me solo Chinatown. Quanto mi sbagliavo.
Yokohama è stato per me il vero inizio di un viaggio, fatto di passi e pensieri, lacrime, tante, e sorrisi stupidamente rubati da cose a caso.
Un po' così, quella mattina, decisi di non prendere nessun mezzo di trasporto. Un po' così quella mattina iniziai a camminare, a passi svelti verso qualcosa che non sapevo cosa fosse.
Era un mercato piccolo pieno di gente, con tantissima frutta a poco prezzo, almeno per i costi di Tokyo, era gente che ti sorrideva vedendoti passare, era un altissimo numero di half&half, meticci bellissimi di tutte le età, era il mare. Era casa.
Per la prima volta nella mia vita seduta su un prato sconosciuto di un nuovo posto del mondo, leggendo un libro che non ho mai portato a termine, mi sono trovata a pensa e scrivere: " vieni a vivere qui con me?"
Sarebbe stato perfetto, quel posto lontano, per un noi che non esiste più.
C'era tutto, a Yokohama, il Giappone e l'Europa, il pane caldo e le ciotole di miso, palazzi ottocenteschi di marmo bianco e pagode arancioni. L'inglese e il giapponese, insieme, il mare a un passo e mille cose nuove da immortalare.

E passare un pomeriggio al parco, insieme a delle adolescenti curiose della mia vita che correvano a destra e a manca con una vitalità rara da queste parti, mi ha dato la voglia di continuare quel mio viaggio a piedi.
Da quel momento, alla fine del mio viaggio non avrei preso più nessun mezzo di trasporto, a esclusione dei mezzi di collegamento tra una città e l'altra. Avrei goduto di quel pezzo di mondo a piedi. Faticando e certe volte soffrendo. Ma finalmente capendo.

martedì 23 ottobre 2012

mirror



"...Vederla venirmi vicino fu quasi morire, trovare per caso il destino ma non sapere che dire. E, invece, fu lei a parlare..."


le 6.15 del mattino, su una carrozza disabitata della metropolitana che da Piazza Bologna mi porta, ancora con il cielo scuro, a fare uno dei folli lavori di questi tempo difficili.
Una canzone che vive stabilmente nella mia esistenza ormai da anni (L'autostrada - Daniele Silvestri) e che scatena emozioni diverse in diversi tempi.


Mi sono vista allo specchio, a parlare con la me stessa di qualche anno fa, quella che non aveva ancora tra i suoi grandi amori le corde.
E ho pensato che lei sarebbe affascinata da me, adesso, ma non mi stimerebbe.
Che le corde hanno preso il sopravvento, che ormai sono per tutti: quella che lega le persone. Come se non ci fosse altro da dire o da fare.
Che nessuno più chiede un abbraccio di sola pelle, una carezza che non sia sui segni, un momento di calore che non sia scaldato dalla cera liquida incandescente.


Ed è strano guardarsi allo specchio e sentirsi meno interessante. In un momento in cui invece il resto del mondo ti considera affascinante.


Le corde sono un prolungamento delle mie mani. Dita flessibili sulla pelle liscia, mille pezzi d'anima che sfiorano il corpo altrui.
Eppure quei prolunamenti di yuta si sono arrampicati sulle mie braccia, verso le spalle, il seno, giù ai glutei e via fino ai piedi.
Avvolta nelle mie stesse corde, intrappolata nell'ennesimo guscio della mia vita ho perso ogni capacità di toccare a mani nude.



Non strapperò via le corde come ogni altra cosa che ha limitato il mio amore.
Le farò scivolare, permetterò loro di graffiare la mia pelle, le strofinerò contro la pancia e la schiena, le passerò sui capezzoli e i genitali.
In quel momento di seduzione così amato da chi si offre a me e alle mie corde rosse.
Quell'istante in cui si è solo pelle. tutta pelle.


E mi rimetterò davanti allo specchio. Permettendo alla vecchia me di guardarmi e chiedermi:

"... e a te cosa piace?... Aspettiamola insieme l'estate... "

lunedì 8 ottobre 2012

PASSI. Meiji Jungu. Tokyo.

Seduta su una panca di legno con la schiena poggiata a una grossa trave nel portico di Meiji Jungu pensavo che Tokyo non ha emozioni per me.
Di mattina è anonima e senza personalità, piene di gente senza volto che la percorre di fretta.
La sera ha un proprio modo di essere, che non è però il mio. Nel mio primo giorno tutto giapponese, con il sole che scaldava le spalle sono finita in quel tempio, alla ricerca degli iris dell'imperatrice Meiji che ricordavo fiorissero proprio in quei tempi.

Nel tempio un matrimonio, lei con il suo kimono bianco dalle lunghe maniche sembra quasi bella, nonostante non sia stata graziata dalla natura di un viso splendente; lui nel suo completo occidentale è così giapponese, smilzo, ossuto, poco sensuale. Una scolaresca si ferma per cedere loro il passo. Una classe dell'asilo, dei tempi ancora senza divisa. Sfilano davanti a me, in una fila imperfetta e sono tutti così carini, sorridenti, di quel sorriso che svanisce, da queste parti, intorno ai sei anni, quando la scuola diventa la piccola prigione di un'infanzia creativa. Tra loro, un'occidentale. Una piccola ispanica dalla pelle olivastra in una classe dagli occhi a mandorla.

E poi è un attimo. Passeggio nel parco stracolmo di turisti indiani, in un insolito gruppo tutto maschile, che mi ricorda che sono donna, bianca, con i capelli rossi, cicciottina e quindi gnocca, tra l'altro, mentre sorrido volto l'angolo ed è così bello che ho le lacrime agli occhi. I corvi fanno il loro dovere e coprono ogni rumore della città, i grilli invece si sentono poco, e mentre cammino mi chiedo se è colpa della storia di Fukushima, e mi faccio venire le paturnie, per avere bevuto l'acqua della fontanella, pochi minuti prima. Ma qui l'erba è alta e gli alberi rigogliosi, e il disastro sembra così lontano.

E quell'albero è il simbolo del mio Giappone. Foglie verdi bellissime, che trovano spazio ovunque. Anche dove non dovrebbero stare.

martedì 2 ottobre 2012

PASSI. In volo Da Mosca a Tokyo

Era il tre giugno, quasi il periodo delle piogge. Sul volo da Mosca a Tokyo ero una dei pochi occidentali presenti, l'unica a non parlare russo nonostante il colore della mia pelle. E certo che un viaggio che inizia con un biscotto della fortuna senza biglietto dentro è un viaggio strano. E' come se dovesse portar sfiga. Oppure come se il destino fosse tutto mio, completamente nelle mie mani, esclusivamente in mio potere. Con la guida della mia vita tra le dita sono atterrata a Tokyo, per la seconda volta negli ultimi tre anni, lasciando a casa qualcosa di nuovo, portando con me uno zaino pieno di prestiti e cura. Poco più di due settimane, da sola, in viaggio per il Giappone, tra bus notturni non ancora prenotati e divani sui quali dormire. Arrivare a Tokyo, piangere sul Narita Express, tagliare la città in metro, camminare senza cartina, avvolta nelle voci che cantilenano il tanto odiato irasshaimaseeeeee, erano emozioni già conosciute. Come quel senso di oppressione inaccettabile che Tokyo mi ha sempre scatenato. Tre anni fa sono scappata, per tornare, a casa, a una vita che ora non esiste più. E ora scopro che tre anni fa sono tornata in parte per la vita che avevo qui, ma soprattutto perchè quella città è una casa non accogliente, un letto scomodo, un paio di calzini bucati sull'alluce, che quando li togli hai il dito blu per la mancanza di circolazione. Il mio racconto di viaggio parte da qui. Spero di riuscire a portarvi con me. Anche adesso, anche se è passato del tempo.

venerdì 7 settembre 2012

come i grandi

gli anni passano. e io mi ritrovo a parlar d'amore, e per una volta di amore vero, con il bambino, che bambino in fondo non è più. le paure di una donna di 30 anni, che magari fanno ridere, che per la prima volta ho l'età delle mie amiche da telefilm preferite. Sempre più cliché, senza imparare niente. Eppure il maledetto sex&the city l'ho guardato tutta la vita, e da un decennio almeno ho deciso che sono Miranda, senza ombra di dubbio. Ora, santa pazienza ladra, perchè io non mi sono accorta di Steve? Cioè se sono così tristemente attaccata al mio personalissimo cliché, come ho fatto a non tenere in considerazione il grande insegnamento che le serie tv hanno da darmi? Che poi il consiglio migliore, quasi spiazzante, è arrivato pochi giorni fa da un ragazzino che quando è iniziato il mio telefilm da femmine preferito faceva, forse, la terza elementare. Bambino, cosa devo fare con il mio Steve personale? Andare oltre il bicchiere d'acqua, e stare insieme sul serio. come i grandi. amen.

giovedì 30 agosto 2012

romanticismo.

le fragoline di bosco, come ricordo di un passato. un passato prossimo che ovviamente non potrà essere futuro. mentre ero in Giappone, delle amiche italiane mi raccontavano che avrebbero desiderato trovare, al loro ritorno, la persona che amano con un mucchio di palloncini colorati ad accoglierle. A me è venuto da ridere che quasi sono stata maleducata. Sono così abituata a una vita senza miele che mi schifa anche la normalità, il chiamarsi "amore", il benedetto parlare al plurale, di un noi che sa di ferita, per me. mi sono così abituata a vivere senza zuccheri aggiunti, senza glutine, senza lattosio che mi sono scordata il valore di quella dolcezza che dovrebbe far parte della vita o, almeno, dell'amore. ho amato senza amore per troppo tempo, sostituendo le e-mail alle lettere, il riso alla pasta, la soia al latte, le battute alle tenerezze. sono capace di amare solo love-free. intollerante a ogni dimostrazione d'amore e di cura. un rifiuto che la mia mente ha a una cosa che in realtà non mi farebbe male. io le fragoline di bosco posso mangiarle, e posso mettere mezza bustina di zucchero di canna nel caffè, e posso accettare che mi si scostino i capelli dal viso, che mi si baci la fronte e mi si accarezzi la schiena per farmi addormentare. posso essere in grado di vivere, senza fuggire, un'appartenenza che mi appartiene. e se cado, almeno, posso pensare di averci messo tutto il bello che ho. tanto per non sentire di non avere niente di bello da donare.

venerdì 24 agosto 2012

pesche e melone

Mangio pesche e melone, col pc nuovo nella casa nuova. Life for rent, che scelta corretta ho fatto tanti anni fa nel cercare un nome a questo blog anche se, questa volta, non mi ritrovo nel testo della canzone che me l'ha suggerito. Questa volta quella che non ama non sono io. Ma l'istinto di scappare è lo stesso di quattro o cinque anni fa, far le valigie e andare, in cerca di un altro sogno di un'altra vita di un'altra pagina da voltare. Invece stavolta la spinta alla fuga è arrivata quando ero appena fuggita, da una situazione disgustosa, portandomi dietro qualcosa che ora, in questa casa nuova, mentre mangio melone e pesche, non c'è più. Il ventilatore mi scompiglia i capelli ogni notte, in questo caldo torrido snervante. Chissà come sarà l'inverno qui... While my heart is a shield and I won't let it down

domenica 19 agosto 2012

seasons

A Catania fa un caldo che si soffre. E mia madre cucina come se fosse gennaio. L'altro giorno, immersa nel trasloco, mi sono imbattuta in una delle mie scatole dei ricordi, una di quelle che contengono lettere e bigliettini di periodi ormai remoti della mia vita. Ho letto qualcosa, molto poco, visto la fragilità che mi contraddistingue in questo tempo, e qualocosa è saltato subito all'occhio. Ogni biglietto, ogni singola riga scritta per me inneggiava a questo sorriso contagioso, alla mia incontenibile allegria, al sole che mi permeava l'anima. E penso che da anni ormai mi chiamano l'algida regina dei ghiacci. Perchè rido poco, sono sempre di corsa e trafelata e stanca e insoddisfatta. Perchè per innamorarmi ci metto una vita, anche se mi rendo conto che ci metto molto meno di quanto ammetto agli altri, e questo lo sto pagando davvero caro. Perchè corro alla ricerca di qualcosa che sia in grado di rendermi felice, e mi incazzo perchè non lo sono mai. Mi chiedo:quand'è che ho cambiato stagione? Quando il sole di agosto si è trasformato in nuvoloni tutto l'anno? E perchè tutto questo è successo? E come posso a tornare a essere sorridente? mi si dice che mi serve l'amore. eppure a quanto pare anche da innamorata non sorrido abbastanza. voglio tornare a essere quella che leggo nei messaggi che la gente mi ha lasciato fino al 2005. voglio ritrovare l'estate.

domenica 12 agosto 2012

Parquet

il parquet cigola sotto i piedi nudi. cammino da sola nella mia nuova casa, un altro posto che accoglierà i frammenti della Beatrice di un tempo e la confezione di questa Beatrice nuova. Non ho molto cuore da portare lì dentro, le vicende degli ultimi mesi l'anno ridotto in pezzi più piccoli di quanto pensavo possibile. Una rapina in casa, con dei risvolti assolutamente sconvolgenti che ti fanno dubitare davvero di tutti, ora, che mettono in ballo un razzismo mai esistito, e la triste certezza di non saper scegliere chi avere intorno. E la scelta dura, in fondo, di andare a vivere da sola, scendendo a tutti i compromessi possibili, pur salvando la dignità, per potermi permettere quel monolocale a due piani che sarà per un po' casa mia e della coniglia nera. Il parquet scricchiola sotto i piedi nudi. che se ci fossero i vetri per terra, come vedevo in uno spettacolo mesi fa, forse sanguinerei meno. Ma alla fine a me il rosso piace no? quel bel rosso sangue del dolore, che è ancora più rosso quando sai che il tuo dolore è solo colpa tua, che avevi tutto e ora non hai un cazzo se non quel parquet. E te lo devi fare bastare, perchè mi dicono che di vivere vale sempre la pena anche se io, sinceramente, inizio a chiedermi perchè. E vorrei una risposta sincera che suoni meglio di un "perchè visto che sei in ballo balla" ma pare che nessuno abbia una risposta migliore di questa. Ho scoperto di essere fatta per amare e condividere. ed è il motivo per cui, cazzeggion cazzeggioni, sono 4 anni e più che scrivo di amore, che condivido con chi mi legge cosa passa attraverso questa specie di cuore fallato incluso nel prezzo di questo buffo pacco che sono. Avrete nuove foto di scatoloni e case. avrete racconti nuovi. il blog riapre. la sua creatrice non crede di poter sopravvivere senza. a domani.

venerdì 22 giugno 2012

Mio

Il mio volo da Tokyo è atterrato meno di 24 ore fa. Avevo promesso ai miei amici e a me stessa un resoconto dettagliato di questo mio viaggio in solitaria in giro per il paese del Sol Levante. E giuro che nel giro di qualche giorno vi lascerò camminare sui passi che sono stati miei nelle ultime due settimane, vi permetterò di guardare attraverso i miei occhi quello che, forse, non avete mai visto. Eppure... Eppure oggi no. Oggi devo rimettere in sesto una cosa troppo importante. Devo rileggere, non solo con i miei occhi il diario di viaggio, che è diventato, come sempre con me, un posto nel quale scrivere quello che provo guardandomi l'ombelico, scavando dentro l'anima. Viaggiare ha un effetto chiarificatore su di me. Mi fa capire chi sono e cosa voglio. E stavolta al mio ritorno, ciò che volevo non c'era più. Quindi scusate, ragazzi, mi prendo un attimo di tempo per capire come salvare ciò che sento mio, prima di condividere con voi quello che mio è stato. Scarico le foto, e mi faccio insegnare a sistemarle. Aspettatemi.

lunedì 16 aprile 2012

flusso

Tre anni fa partivo per Tokyo, l'altra parte del mondo e metà della mia vita.
Partivo con mille sogni e desideri. Partivo con qualcosa che mi aspettava a Roma, come un elastico pronto a farmi schizzare indietro, dentro quella che sarebbe dovuta essere la mia felicità.
Sono passati tre anni, dicevo. Ho un nuovo biglietto per Tokyo sulla posta elettronica, in forma di vacanza questa volta, regalo dei miei amici più cari per il mio trentesimo compleanno.
Oggi, mentre sorridevo per il viaggio da organizzare e mi stranivo per una serie di questioni di lavoro da risolvere al più presto, ho sbattuto la faccia su quella che tre anni fa sarebbe dovuta essere la mia felicità. Forte.
E sono tornata a casa piangendo, come negli ultimi anni è successo troppo spesso, che ormai il barista di quella via lì non si stupisce più nel vedermi gonfia e stupida, tante volte è successo.
Certe volte, per anni, si ama qualcosa che non esiste, l'immagine di una felicità durata l'attimo di un'emozione e sparita nel nulla nello stesso tempo.
Eppure quell'amore lì mi ha regalato una delle cose più belle della mia vita adesso, seppur mai vissuta evidentemente a pieno, seppur scollegata da quello che per altri sembra essere un'esigenza naturale.
Errore mio far finta di non capire, errore mio credere di poter cambiare me stessa e chi avevo di fronte, errore mio sperare che prima o poi quell'emozione sarebbe tornata reale.

Ora sono qui e non provo niente. le lacrime sono solo sciocca rabbia e la delusione di dovere abbandonare tutto per mia mera incapacità.

E lo so che voi speravate prima o poi sarei ritornata serena, magari un poco felice.
ritenta. sarai più fortunato.

venerdì 30 marzo 2012

le bugie hanno le gambe lunghe, questa volta.

Era carina, davvero. Bel corpo, bel naso, bel sorriso.
Un carattere da costruire, acerbo come la sua età, pieno di desideri colorati come il suo smalto messo male, e di sogni incredibili come la sua voglia di arrivare.
Mi divertiva la sua lieve stupidità, la sua ricerca di una sensualità da filmetto porno di bassa lega, il suo savoire faire di periferia.
Eppure, il mio buon istinto da crocerossina aveva deciso di giocarmi uno dei suoi enormi tiri mancini.
per 44 giorni precisi, secondo le stime della polizia. 44 giorni nei quali è stata a casa mia un totale di 3 fine settimana. Prima di usarmi come base per il suo trasferimento a casa del suo nuovo amico.
Fine settimana durante i quali uscivamo, incontravamo gente, dormivamo nel mio lettone, giocavamo, e discutevamo tutte le sue bugie.
La mia colpa è stata non saperle insegnare a non mentire, non capire che il suo vittimismo altalenante era un modo per coprire i propri errori, che tutte le cattiverie passate, le brutture ricevute erano solo un'invenzione per ottenere la mia cura.
Il 30 agosto, dopo aver fatto 400 km per convincere la sua povera madre ignara a lasciar partire la figlia, per rassicurare il suo fidanzatino che la sua ragazza sarebbe certamente tornata a casa spesso, sono ricominciate le bugie, un cugino inventato, una casa a Roma gratis, passaggi da sconosciuti e appuntamenti al buio.

Era novembre quando dall'oblio nel quale per me era annegata, esclusa una telefonata certificata ricevuta sul mio cellulare mentre ero a Londra per un festival, è venuta fuori con una serie di affermazioni infamanti riguardanti cose che si chiamano: violazione della privacy, abuso, lesioni, limitazione delle libertà personali.
Dichiarazioni pubbliche e private delle quali ho decine di testimonianze.
Con un'unica furbizia, quella di non fare mai il mio nome. Quello di Beatrice, Red Lily, la Bondager. Quella con la quale tutti l'hanno vista in giro, quella con la quale scriveva pubblicamente, quella che tutti hanno capito chi fosse.
Meno furbo non rendersi conto che sarebbe bastato chiamare a deporre tutti coloro che hanno capito dalle sua parole di chi si stesse parlando per certificare un reato, o due o sei, come dice la polizia.
Che dire il falso, in Italia è REATO. Che i tabulati contraffatti sono REATO. Che copiare su una pagina pubblica una conversazione privata è REATO. Che cambiare i contenuti della suddetta conversazione è REATO. Che accusare qualcuno di qualcosa che non ha fatto in Italia è REATO. Che diffamare a scopo di "rovinare la reputazione" di qualcuno è REATO.

Ma ieri, dopo lunghe riflessioni, ho deciso di interrompere il provvedimento a carico di quelle belle gambe lunghe, di quel sorriso falso come le extension che rendevano stupendi i suoi capelli.
Provvedimento che avrebbe avuto, per andare a compimento, bisogno di chiamare in causa tutte le persone coinvolte, tutti coloro che si sono presi la briga di commentare, chiamare, scrivere, dichiarare, dire.
Amici, nemici, conoscenti, gente con famiglie e segreti, mogli, figli e vita vera.
Gente che non ha scelto come me, di essere Beatrice Gigliuto, in arte Red Lily, con faccia e corpo, emozioni e pensieri. Persone che non meritavano, almeno in parte, che io scegliessi per loro.

E adesso, che quelle gambe lunghe zompettano per locali nei quali non metterei piede, che vagano da utenti per i locali nei quali io, da professionista, lavoro con un sorriso sempre aperto, che vivono la vita che evidentemente volevano, penso che 10 anni fa, quando quelle gambe facevano le medie, io vedevo un film di Muccino in cui una tipa carina e stupida che voleva diventare famosa diceva: le brave ragazze vanno in paradiso, io voglio andare dappertutto.

Ci sei riuscita gambe lunghe. Sei arrivata al punto massimo a cui potevi ambire, a quanto pare.

Io ancora no.
Quindi mi volto e cammino. Con le mie gambe cicciottelle che fanno lunghi passi verso una dignitosa ascesa.
Dignitosa.

venerdì 9 marzo 2012

essenzialmente sostituibile



Il triangolo si, l'avevo tenuto in considerazione, fin dall'inizio.
Desiderato addirittura, se mai si fosse trattato di un bel triangolo equilatero, o isoscele, nel quale essere un angolo di almeno 45 gradi.
Ma il triangolo scaleno, in cui essere l'angoletto piccolo a 25 gradi no. non l'avevo considerato.
E ancora meno la sostituibilità con angoletti più comodi, minuti, che in quei 25 gradi ci sguazzano, che sia per grandi capacità o totali incapacità poco conta.

Sostituibilità è la parola di oggi.
Sono essenzialmente sostituibile. C'è sempre qualcuno più bravo, più bello, più interessante o forse solo più facile, gestibile, innocuo, accondiscendente.
Certe volte inoltre è meglio niente. " Sto meglio solo che con te" "Faccio prima da solo che con te"
"Ho bisogno di te"
"Diventerai la migliore"
"Sei Unica"
"Sei essenziale"

Essenzialmente sostituibile.
Essenzialmente rinunciabile.

E non si parla (solo) d'amore.

lunedì 27 febbraio 2012

Bondage


Non scrivo altre parole oggi. Vorrei solo che la gente capisse che grande forma di amore sono le mie corde.

mercoledì 8 febbraio 2012

shh




Questo febbraio continua freddo, con giorni pieni di pensieri intorpiditi dal gelo, con il magone sempre presente e una vaga agitazione che pesa sullo stomaco.
In queste notti gli incubi mi hanno divorata, nel senso stretto del termine, tra l'altro. L'inquietudine si taglia a fette e mi spezza il respiro. E' il prezzo da pagare nel sentirsi sbagliata, nel sentire di essere troppo e di conseguenza troppo poco, di potere dare così tanto da dare poi solo scarti di un bel niente.
Con la voglia di tenere ferme le mani, stringere i polsi forte, per costringere chi mi sta di fronte ad ascoltarmi. Ascoltare ME.
E il rumore da fastidio, il respiro di un altro nel letto, l'acqua della doccia, il suono del cellulare, il tap tap dei tasti del pc.
Vorrei solo silenzio. Il completo silenzio che da ossigeno al cervello, che da spazio alle sensazioni.
Io sento un sacco di cose. Ma sembra che per gli altri non sia così.
Allora silenzio.
Shhh.

lunedì 23 gennaio 2012

Anno nuova, vita nuova, si diceva.

Una specie di vaso graduato, una luce bianca, un tubicino di metallo lungo 30 cm e spesso quanto una punta da trapano del 4, un lettino e un sacco pieno di liquido.
Dolore e un po' di spavento, poi un calmante in circolo, i polsi legati che fan ridere.
Sono passati 10 giorni ed è ancora il primo mese di un anno che vorrei iniziare con grinta con la spinta di una novità tanto voluta.

Chi non mi conosce non sa chi ero prima di questa stramba donna di quasi 30 anni, chi ero prima di iniziare a capire che dovevo imparare a vivere e non solo.

A 1o anni ero una bambina triste, con lunghissimi capelli rossi e troppo grasso intorno.
A 12 anni mi nascondevo sotto il busto di gesso che mi ha accompagnata per più di due anni
A 14 anni mi abbuffavo quasi di nascosto tutti i pomeriggi
A 16 anni mi abbuffavo quasi di nascosto tutti i pomeriggi
A 18 anni mi abbuffavo di nascosto quasi tutti i pomeriggi
A 20 anni mi abbuffavo di nascosto quasi tutti i pomeriggi
A 22 anni mi abbuffavo di nascosto quasi tutti i pomeriggi
A 24 anni mi abbuffavo di nascosto quasi tutti i pomeriggi e anche la notte.
A 25 anni avevo un fidanzato stupendo, ero una brava studentessa universitaria, avevo molti sogni, un carattere pessimo, tanti amici, e mi abbuffavo tutti i pomeriggi e anche di notte.E superavo i 90 kg di un po'. Fino a quando il 22 gennaio non mi sono iscritta a un forum e ho iniziato a capire, capirmi, lottare, dimagrire e guarire.

A 26 anni non mi abbuffavo più.
A 27 anni ho raggiunto un peso che mi metteva di diritto nel mondo dei "normopeso".

Oggi è il 23 gennaio del 2012 ho quasi 30 anni, e sono una donna tondina, che non si schioda dal range del normopeso, che si guarda allo specchio controvoglia, almeno se non indossa un corsetto stretto.
Oggi è il 23 gennaio e ho quasi 30 anni, e sono tondina, e non mi schiodo dal normopeso, e mi guardo allo specchio controvoglia perché indosso una guaina che protegge la mia pancia appena operata. Protegge quello che non ho mai voluto vedere. Quello che in questi anni di "normalità" mi ha accompagnata ogni ora, ogni minuto, ogni secondo della mia esistenza, quel monito persistente di quello che ero e non sono più.
La mia normalità passa attraverso questo, adesso.
Attraverso la pelle livida di una pancia che non c'è più.

Ciao punto vita, ciao addome liscio, ciao monte di venere.
Ciao Nuova Piccola Beatrice.

lunedì 9 gennaio 2012

4

il 4 gennaio è passato da un poco, ma la mia vita troppo veloce non mi ha lasciato tempo se non per una telefonata.
Questo blog compie 4 anni, di vita, lacrime, sorrisi ed emozioni.
4 lunghi anni nei quali la mia vita è stata presa e rivoltata come una calzino di continuo, nei quali sono diventata femmina, ho imparato a usare i tacchi e girare le corde, a stare su un palco e stringere il corsetto fino a sentire un crick delle fluttuanti, a tradurre, scrivere, comunicare, cucinare la polenta, e tenere tra le braccia le persone.
4 anni che mi hanno insegnato che devo correre e avere il fiatone per sentirmi viva, ché se il cuore non mi batte all'impazzata non riesco a ricordare di possederne uno.
Il 4 gennaio del 2008 era anche il giorno di una fine troppo importante, che si è rivelata un inizio.
Buon amiciversario, anche se in ritardo, Del Campo, doppiato Capo Horn possiamo dirci finalmente liberi di essere "solo" amici.

giovedì 5 gennaio 2012

comunicazione di servizio: privacy.

oggi non dovevo scrivere questo post, non c'era in progetto di scrivere sul blog, ma di vivere lì fuori tranquillamente e lavorare magari.
Eppure mi trovo a dovere scrivere pubblicamente una cosa che da anni dico a tante persone.

Si sono Beatrice Gigliuto, ho fatto molti anni fa la cazzata di aprire un blog con nome e cognome convinta che l'avrebbero letto pochi amici fidati e qualche passante distratto, e pago quotidianamente le conseguenze, in positivo e in negativo della mia incapacità di guardare oltre.
Si il mio lavoro riguarda il pubblico, tutti i miei lavori riguardano il pubblico e non ho mai fatto fatica a mettere la faccia, anche con un certo piacere, sia qui che nella vita vera.

Ora, questa mia scelta non può e non deve permettere ad alcuno, che provenga da questo blog o dal mio contatto facebook di invadere la mia privacy più di quanto io abbia deciso di renderla pubblica.
Quindi.

I miei contatti sono:
MAIL
beatrice.gigliuto@gmail.com
FB
Beatrice Red Lily Gigliuto

Rispondo sempre qui, via mail e ai messaggi privati su FB.
Contattarmi sul profilo privato o su quello di lavoro di Skype, reperire il mio numero telefonico per mandare sms idioti e scovare il mio indirizzo di casa sono violazioni della mia privacy di diversa intensità ma comunque assolutamente inaccettabili.

Se mi incazzo quando usate contatti che io non vi ho messo a disposizione non è perchè sono una stronza viperetta che se la tira e si crede stocazzo, non mi interessa una richiesta in carta bollata nè un permesso speciale del padre eterno.
Semplicemente e indiscutibilmente non avete il DIRITTO di infilarvi comodamente nella mia vita fin quando non sono io a concedervi lo spazio.

detto questo vado a depilarmi, volete venire anche lì?