lunedì 8 ottobre 2012

PASSI. Meiji Jungu. Tokyo.

Seduta su una panca di legno con la schiena poggiata a una grossa trave nel portico di Meiji Jungu pensavo che Tokyo non ha emozioni per me.
Di mattina è anonima e senza personalità, piene di gente senza volto che la percorre di fretta.
La sera ha un proprio modo di essere, che non è però il mio. Nel mio primo giorno tutto giapponese, con il sole che scaldava le spalle sono finita in quel tempio, alla ricerca degli iris dell'imperatrice Meiji che ricordavo fiorissero proprio in quei tempi.

Nel tempio un matrimonio, lei con il suo kimono bianco dalle lunghe maniche sembra quasi bella, nonostante non sia stata graziata dalla natura di un viso splendente; lui nel suo completo occidentale è così giapponese, smilzo, ossuto, poco sensuale. Una scolaresca si ferma per cedere loro il passo. Una classe dell'asilo, dei tempi ancora senza divisa. Sfilano davanti a me, in una fila imperfetta e sono tutti così carini, sorridenti, di quel sorriso che svanisce, da queste parti, intorno ai sei anni, quando la scuola diventa la piccola prigione di un'infanzia creativa. Tra loro, un'occidentale. Una piccola ispanica dalla pelle olivastra in una classe dagli occhi a mandorla.

E poi è un attimo. Passeggio nel parco stracolmo di turisti indiani, in un insolito gruppo tutto maschile, che mi ricorda che sono donna, bianca, con i capelli rossi, cicciottina e quindi gnocca, tra l'altro, mentre sorrido volto l'angolo ed è così bello che ho le lacrime agli occhi. I corvi fanno il loro dovere e coprono ogni rumore della città, i grilli invece si sentono poco, e mentre cammino mi chiedo se è colpa della storia di Fukushima, e mi faccio venire le paturnie, per avere bevuto l'acqua della fontanella, pochi minuti prima. Ma qui l'erba è alta e gli alberi rigogliosi, e il disastro sembra così lontano.

E quell'albero è il simbolo del mio Giappone. Foglie verdi bellissime, che trovano spazio ovunque. Anche dove non dovrebbero stare.

1 commenti:

Za-la-mort ha detto...

Dovresti scrivere: sei brava, meglio di tante cose che ho letto. Non so quanto tu scriva, ma se trovi il tempo per farlo, è tempo per te stessa, per riconnetterti con le tue emozioni, per condividerle se vuoi, per fissarle. Insomma, non so nulla del tuo mondo di corde, ma sospetto che la tua vera vocazione sia scrivere.